Il reato di diffamazione previsto all'articolo 595 del Codice Penale consiste in un offesa all'altrui reputazione attraverso la comunicazione con più persone.
Perché si configuri il reato È necessario che la persona offesa non sia presente oppure se presente non sia comunque stata in grado di percepire l'offesa In caso si configurerebbe l'illecito di ingiuria.
Negli ultimi tempi le cause promosse per tale reato sono aumentate a causa del dilagare dell'uso dei social network, quali piattaforme attraverso cui l'utente può interagire con terzi soggetti comunicando pensieri immagini o video.
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sulla giusta interpretazione del concetto di “stampa” infine ritenendo che in tale concetto rientri qualsiasi mezzo di comunicazione che sia in grado di raggiungere una quantità indefinita di persone.
L'orientamento consolidato della giurisprudenza ha da tempo indicato i social network come un luogo aperto al pubblico, ove è facile cadere nell'uso in proprio di tale strumento.
L'offesa arrecata con tale mezzo e potenzialmente capace di raggiungere un numero indeterminato di persone pertanto tale condotta costituisce diffamazione aggravata ai sensi dell'articolo 595 comma 3 CP.
In questo senso si è recentemente pronunciata la Cassazione con sentenza del 23 giugno 2021 numero 24579, sancendo che “la diffusione di un messaggio diffamatorio attraverso l'uso di una bacheca Facebook integra un'ipotesi di diffamazione aggravata ai sensi dell'art. 595, 3º comma, c.p., poiché la diffusione di un messaggio con le modalità consentite dall'utilizzo per questo di una bacheca Facebook ha potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, sia perché, per comune esperienza, bacheche di tal natura racchiudono un numero apprezzabile di persone (senza le quali la bacheca Facebook non avrebbe senso), sia perché l'utilizzo di Facebook integra una delle modalità attraverso le quali gruppi di soggetti socializzano le rispettive esperienze di vita, valorizzando in primo luogo il rapporto interpersonale, che, proprio per il mezzo utilizzato, assume il profilo del rapporto interpersonale allargato ad un gruppo indeterminato di aderenti al fine di una costante socializzazione”.
La tutela per tale comportamento, lesivo di un diritto della personalità, ha valenza civilistica e penale.
La persona danneggiata potrà agire giudizialmente in sede civile o in sede penale. Sarà però opportuno tenere conto che in sede civile è l'attore a dover fornire l'onere della prova e non ci sono i poteri di indagine che invece sono presenti in sede penale (come le indagini per l'indicazione dell'autore della diffamazione su Facebook, visto che i profili Facebook possono essere anche creati con nome di fantasia o di altra persona).