DIFFERENZE TRA ABUSO DEI MEZZI E MALTRATTAMENTI:
Art. 571 codice penale: “ABUSO DEI MEZZI DI CORREZIONE E DISCIPLINA”, ossia “Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi”,
Art. 572 codice penale: “MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA“, ossia “Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità”.
Il primo reato si realizza anche in caso di un singolo episodio di abuso, posto in essere da chiunque abbia una posizione autorità su determinati soggetti con, ad esempio, punizioni, castighi o minacce, tali da causare un rischio di danno alla salute (ansia, insonnia, depressione o disturbi del carattere o del comportamento). Chiaro che il genitore ha il dovere di educare i figli e l’insegnate ha il dovere di insegnare ai propri alunni, pertanto, l’abuso degli strumenti di correzione si realizza appunto quando viene oltrepassato il limite, rischiando di provocare un danno. La Cassazione ha riconosciuto recentemente l’umiliazione come abuso di mezzi di correzione, ossia quando il docente umilia ripetutamente e con una certa abitudine uno o più studenti.
Il secondo reato si realizza quando si configura una vera e propria abitualità della condotta (commissiva o omissiva) maltrattante, con l’intento di infliggere sofferenza alla vittima. Questo può essere anche il caso in cui, secondo la Cassazione, il genitore, pensando di agire a fin di bene, ripetutamente, picchia il figlio che non ha fatto i compiti, provocandogli lividi.
Avv. Isabella Annalisa Monte
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